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Bhutan


Situato nell’estremità orientale dell’Himalaya, il Bhutan non ha sbocchi sul mare ed è un vero e proprio gioiello incastonato tra India e Cina. Con circa 800mila abitanti su una superficie di 46mila chilometri quadrati, questa terra è ancora oggi un angolo di pura autenticità asiatica, immune al trascorrere del tempo. Nonostante il turismo internazionale abbia cominciato a fare capolino negli ultimi anni, fino al 1974 nessun turista era mai stato in visita qui. Non solo: fino al 1999 non era arrivata nemmeno la televisione! Un isolamento volontario che ha contribuito ad accrescere il fascino di questo angolo di mondo così incredibilmente affascinante. Il tempo in Bhutan sembra davvero essersi fermato: tutto è autentico, vero, ancestrale: è facile incontrare i suoi abitanti vestiti con gli abiti tradizionali (il gho per gli uomini e la kira per le donne), la natura è ancora incontaminata e fa da sfondo a una maestosa tradizione architettonica che sembra cristallizzata in un tempo leggendario. Pur aprendosi a una pacata ma decisa modernizzazione, il Bhutan riesce fieramente a non tradire il proprio passato, la sua cultura millenaria e il suo spirito profondamente buddista.

 

5 cose da non perdere in Bhutan

 

#1 Dzong di Paro 

Il Rinchen Pung Dzong di Paro - il cui nome significa "fortezza su un cumulo di gioielli" - è uno dei più interessanti dzong di tutto il Bhutan: eretto su un ripido versante collinare è visibile da tutta la vallata grazie alle imponenti mura segnate da importanti contrafforti. La sua costruzione risale al 1644, quando Zhabdrung Ngawang Namgyal volle realizzarlo sulle fondamenta di un precedente monastero. La fortezza servì in molte occasioni come difesa contro le invasioni tibetane: nel 1905, fra le travi della veranda, vennero rinvenute le antiche catapulte utilizzate durante queste azioni difensive. Gravemente danneggiato nel 1907 a causa di un incendio, oggi ospita sia il corpo monastico (in cui vivono circa duecento monaci) che gli uffici governativi e il tribunale. La torre centrale di cinque piani, chiamata utse, fu eretta nel 1649; a est di questa costruzione sorge un piccolo lhakhang a Chuchizhey. Qui è possibile ammirare ricche decorazioni lignee dipinte in oro, ocra e nero rese ancor più affascinanti dal contrasto con le imponenti pareti bianche. Sotto il vestibolo del krune (un’aula utilizzata dai monaci) si trova un dipinto murale raffigurante una tipica elaborazione locale dei mandala, conosciuta come “spirale mistica”. Dipinti murali altrettanto interessanti sono visibili nella parte esterna della grande sala di preghiera “dukhang”: qui è illustrata la vita del santo e poeta tibetano Milarepa. Nel primo giorno di primavera, il cortile del dzong si riempie di fedeli per la festa dello tsechu: l’area è animata da figure mascherate che si esibiscono in suggestive danze dal profondo significato spirituale. Al termine dello tsechu, viene esposta una immagine religiosa di quasi venti metri quadrati (il thondrol) realizzata nel XVIII secolo e raffigurante Guru Rinpoche. Gli amanti del cinema apprezzeranno questa curiosità: proprio il Monastero di Paro, nel 1995, fu la location delle riprese di alcune scene del film “Piccolo Buddha”, diretto da Bernardo Bertolucci.

#2 Il monastero di Taktsang

Il monastero di Taktsang Palphug è conosciuto anche con il nome di Tana della Tigre: si tratta di un complesso di templi sacri arroccato su un picco montuoso a 3120 metri sopra il livello del mare, nella valle di Paro superiore. La sua costruzione ebbe inizio nel 1692, nei pressi della caverna di Taktsang Senge Samdup, nel luogo in cui secondo la leggenda meditò per tre mesi il Guru Padmasambhava. Visitare il monastero di Paro Taktsang è un'esperienza indimenticabile grazie alla sua posizione unica e al panorama che si può ammirare sulle maestose montagne circostanti e sulle lussureggianti valli verde smeraldo. La principale peculiarità del monastero è la sua posizione isolata: la struttura è infatti accessibile solo attraverso tre percorsi in sentieri montuosi. Il primo sentiero attraversa una pineta ed è decorato da striscioni riportanti preghiere che simboleggiano la protezione dalle forze del male, energia positiva, vitalità e buona fortuna. Gli altri due sentieri attraversano invece l'altopiano delle centomila fate.  Il monastero è composto da quattro templi principali e diverse abitazioni: il raffinato stile architettonico - caratterizzato da edifici bianchi con tetti dorati- si rifà fedelmente alla tradizione buddhista. Tutti gli edifici sono collegati tra loro da scale con gradini scavati nella roccia. Anche gli interni della struttura rispecchiano la magnificenza dell’esterno, con lidoli dorati che brillano rischiarati da un sapiente gioco di luci. Nella sala dei Mille Buddha, scolpita nella roccia, si trova una grande statua raffigurante una tigre: secondo la leggenda, infatti, fu proprio questo animale a portare qui il Guru Padmasambhava, fondatore del buddismo del Bhutan.

#3 Festival di Thimpu

Questo festival è una delle ricorrenze più sentite in tutto il Paese: si tiene per tre giorni nei pressi del Trashi Chhoe Dzong, l’edificio che in passato rappresentava il centro del potere politico, burocratico e religioso. La data di inizio delle festività viene fatta coincidere con il decimo giorno dell’ottavo mese del calendario lunare. A istituirlo fu, nel 1670, il governatore Tenzin Rabgye per ricordare la nascita del Guru Rinpoche. Inizialmente, la commemorazione consisteva in poche danze eseguite dai monaci. Nel 1950, però, la festa venne ampliata dal terzo re Jigma Dorji Wangchuck, il quale volle introdurre diverse danze in maschera eseguite da monaci laici (Boed chham). Ancora molto sentito per il suo valore spirituale, questa celebrazione rappresenta uno degli appuntamenti religiosi e culturali più importanti per tutta la popolazione.

#4 Dzong di Punakha 

Sede del governo fino agli anni Cinquanta, il  Pungthang Dechen Phodrang (Palazzo della Grande Felicità) è stato il secondo a essere costruito in Buthan ed è uno dei più belli del Paese. La sua costruzione venne profetizzata da Guru Rinpoche, il quale pare avesse predetto l’arrivo di una persona chiamata Namgyal “su una collina simile a un elefante”: lo dzong si erge infatti alla confluenza del Mo Chhu e del Pho Chhu, su un sito che sembra essere proprio l’estremità della proboscide di un elefante dormiente. I lavori di costruzione iniziarono nel 1637, per terminare l’anno successivo con la consacrazione. In tempi successivi vennero poi eseguite diverse modifiche: nel 1639 fu eretta una cappella per commemorare la vittoria sui tibetani in cui sono ancora oggi conservate le armi sottratte agli avversari nel corso della battaglia; nel 1676 fu edificata la cupola dorata dell'utse, mentre tra il 1744 e il 1763 (nel regno del tredicesimo desi Sherab Wangchuk furono aggiunti diversi elementi architettonici, come il thondrol (un grande thangka raffigurante lo Zhabdrung che viene esposto al pubblico durante lo tsechu, una volta l'anno). Fu invece il settimo Dalai Lama, Kelzang Gyatso, a donare la parte di tetto in lamiera d'ottone. Tra i tesori artistici qui custoditi sono da segnalare i dipinti murali raffiguranti la vita del Buddha, le imponenti statue dorate di Buddha, Guru Rinpoche e Zhabdrung. Presso l’uscita settentrionale, infine, ci si può fermare al cospetto della statua di Sakyamuni per chiedere che siano esauditi i desideri e ricevere la benedizione.

#5 Dzong di Trongsa

Eretto sopra l’impetuoso fiume Mangde Chhu, questo dzong può forse vantare la posizione più spettacolare di tutto il Paese. Grazie alla sua altezza elevata e al ripido dislivello, in alcune giornate, sembra quasi scomparire tra le nuvole in un’atmosfera magica e rarefatta.  L’attuale struttura venne costruita nel 1644 per volontà dell’ufficiale Chhogyel Mingyur Tenpa, inviato dallo Zhabdrung con l’obiettivo di unificare il Bhutan orientale. Lavori di ampliamento seguirono nel XVII secolo a opera del desi Tenzin Rabgye. I primi due sovrani del Bhutan regnarono da qui e ancora oggi la tradizione vuole che, prima dell’incoronazione, il principe ereditario ricopra la carica di penlop di Trongsa per trenta giorni. Questo luogo ricoprì un’importanza strategica fondamentale grazie alla sua posizione: l’unica strada che collega la parte orientale del Paese a quella occidentale passa ancora oggi da Trongsa e in passato attraversava lo stesso dzong. Per questo motivo, il commercio e gli spostamenti delle persone (e le relative tasse che andavano pagate) erano completamente sotto il controllo del penlop di Trongsa. Gli edifici che compongono questo complesso sono distribuiti lungo il crinale, uniti tra loro da un dedalo di vicoli, scalinate e corridoi. Negli interni, tra i saloni riccamente arredati oggi aperti al pubblico è possibile ammirare l’incantevole sala dell'assemblea e il Mithrub Lhakhang, in cui è conservato il chorten funerario del fondatore, Ngagi Wangchuck.