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L’unicità multietnica che celebra il mondo delle donne.

Viaggio attraverso destinazioni che restituiscono la testimonianza vivente di culture tutte al femminile.

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Un intenso spaccato sulla quotidianità di alcune delle più affascinanti comunità dove, per tradizione o esigenze di sopravvivenza, le donne ne preservano l’identità e il patrimonio culturale. Il viaggio, attraverso queste fiere testimoni di resilienza all’omologazione, diventa mezzo per conoscere, incontrare e ammirare il mondo e la sua gente.

MESSICO: IL MUTUALISMO DELLE DONNE CHE ISPIRARONO FRIDA KAHLO
Le donne di Juchìtan, una delle tante città indigene lungo la costa del Pacifico sul golfo di Tehuantepec, sono state una grande fonte d’ispirazione per il folclorico e pittoresco abbigliamento della celebre artista messicana. Estrose e vivaci grazie alle loro gonne e bluse ricamante, oggi continuano a farsi conoscere agli occhi del mondo grazie alla dimestichezza nella realizzazione di prodotti di artigianato locale, alla loro vendita e all’innata bravura nella gestione dei festival e mercati di strada che organizzano. Tutte capacità grazie alle quali possono aiutare ognuna la propria famiglia e la stessa comunità in un sistema di riuscito mutualismo.
Questa realtà di economia tradizionale locale è uno straordinario esempio di “matriarcato urbano” poiché questa comunità di donne è soprattutto riuscita, oltre a sostenersi e crescere economicamente, a preservare e valorizzare le proprie tradizioni pur trovandosi nel bel mezzo di una società molto complessa socialmente come quella messicana.

INDONESIA: I MINANGKABAU, LA PIÙ GRANDE SOCIETÀ AL MONDO GUIDATA DALLE DONNE
Se decidete di visitare l’Indonesia, un luogo assolutamente imperdibile è l’isola di Sumatra.
I gruppi etnici in Indonesia sono spesso associati alla propria forma distintiva di abitazione, centro di una rete di relazioni sociali, leggi tradizionali, tabù, miti e religioni che legano gli abitanti di un villaggio. La casa è l’elemento principale per la famiglia e la sua comunità ed è il punto di partenza per molte attività dei suoi residenti. Rumah Gadang o Rumah Godang sono le case tradizionali con i tetti a punta che ricordano le corna di un bufalo tipiche della parte ovest dell’isola abitata dall’etnia Minangkabau. In questa società, che conta più di 4 milioni di abitanti, le donne ne rappresentano la vera spina dorsale sin dal XII secolo, assicurando continuità e prosperità attraverso la discendenza di sangue materno. Anche gli uomini hanno un ruolo importante poiché provvedono alle necessità della famiglia pur non avendo un ruolo educativo e biologico nella cura e nell’educazione dei figli. Profondo anche il valore simbolico dei curatissimi abiti tradizionali che le donne indossano obbligatoriamente per tutte le cerimonie che scandiscono il percorso di crescita e che si differenziano a seconda della tipologia di celebrazione e del ruolo ricoperto durante un determinato rito.

NAMIBIA: IL SEGRETO DELLA STATUARIA BELLEZZA DELLE DONNE HIMBA
L'arido e semidesertico Kaokoland, una delle regioni più selvagge d'Africa, è casa per etnie che vivono fuori dalle logiche del progresso occidentale secondo i ritmi di una natura spesso ostile. Gli uomini lontani, al seguito del loro bestiame e sempre alla ricerca di nuovi pascoli, lasciano alle donne la custodia dei figli, la costruzione delle capanne e la raccolta dell’acqua: così nasce la fiera realtà matriarcale degli Himba della Namibia.
Sempre le donne provvedono al sostentamento dei figli attraverso attività di vendita di manufatti artigianali in creta nei villaggi sviluppatisi in forma circolare intorno al "kraal", il recinto in cui proteggere gli animali simbolo di potere e prestigio. L’aspetto quasi scultoreo di queste figure femminili è ciò che più colpisce il viaggiatore e rappresenta, oltre che uno status sociale, anche l’ennesima capacità di adattamento al deserto di questa popolazione seminomade. Il composto di polvere d’ocra, erbe e grasso animale che forma una crema rossastra, spalmata sulla pelle e intorno ai capelli intrecciati creando le inconfondibili “erembe”, serve anche a proteggere da scottature e punture di insetto.

KENYA: UMOJA, IL VILLAGGIO SIMBOLO DI RINASCITA E RISCATTO DELLE DONNE SAMBURU
Dalla straordinaria forza di volontà di un piccolo gruppo di donne Sambaru (Kenya) è nata nel 1990 la comunità di Umoja che oggi vive e si sostiene economicamente grazie ad un turismo etico. Dopo essere state cacciate dalle proprie tribù a causa delle violenze subite dai soldati britannici tra gli anni ‘80 e ‘90 (si addestravano nelle vicini basi militari), vennero allontanate dai propri uomini costrette ad abbandonare figli e villaggi perché ritenute “impure”. Non avendo più una casa e stanche delle violenze ripetute, decisero, sotto la guida di una di loro, Rebecca Lolosoli, di dar vita ad un nuovo villaggio composto solo da donne (anche con figli) che qui potevano trovare un porto sicuro. E così è stato. Le difficoltà che hanno riscontrato nel portare avanti questo progetto negli anni non sono state poche ma, nonostante tutto, il villaggio di Umoja oggi ha una scuola, un piccolo centro culturale e un’area campeggio con lodge fornito di acqua, un piccolo ristorante e servizi igienici di base per accogliere i viaggiatori e far conoscere la propria cultura, le proprie tradizioni e la propria realtà di rinascita.

ESTONIA: L’ISOLA DELLE DONNE DI KIHNU
Fuori dalle consuete rotte di viaggio per approdare in un’isola accessibile via traghetto solo per otto mesi all’anno nel golfo di Riga dove l’aria del Mar Baltico si fa pungente e la vita è sempre la stessa, ferma in un punto esatto nel tempo che dal 2008 è anche Patrimonio culturale immateriale dell’umanità. Siamo a Kihnu, l’isola delle donne.
Qui lontano dai ritmi incalzanti della modernità, la surreale pace dell’inverno è rotta da feste, balli, musiche e canti tradizionali eseguiti con grande vivacità delle sue quasi quattrocento isolane. A loro è lasciata la gestione sociale e amministrativa dell’isola quando gli uomini sono lontani in mare per il sostentamento del villaggio. Ogni donna Kihnu lavora i propri campi, custodisce e cresce i figli e si occupa di gestire i beni della propria famiglia così come quelli della comunità. Fondamentale anche l’arte del ricamo che le lega, forse sulle rotte marinare del passato, alle gonne delle donne peruviane a oltre dodicimila chilometri di distanza. Con i loro fazzoletti rossi stretti sotto al mento, forti e fiere hanno un unico obiettivo: tramandare e conservare le loro antiche tradizioni.

CINA: I MOSUO (O MOSO), DOVE IL MATRIMONIO NON ESISTE
Ai piedi dell’Himalaya e ai margini del lago Luga, vive il popolo Mosuo, una delle ultime e più famose società semi-matriarcali al mondo. In questa lussureggiante valle dello Yunnan la vita scorre lenta, incentrata sulla famiglia e soprattutto sulla venerazione della maternità. A capo di ogni clan vi è la figura femminile più anziana, circondata da tutta la sua discendenza di figli e nipoti. L’assetto sociale dei Mosuo prevede che il titolo di proprietà di una casa e quello della terra vengono ereditati solo la discendenza di sangue materna che si occupa della gestione pratica dell’economia del villaggio, mentre gli uomini svolgono compiti più manuali dedicandosi all’allevamento, alla pesca, alla macellazione e conservazione di carne e pesce. Ma l’aspetto che affascina di più il viaggiatore che entra in contatto con questa minoranza etnica durante un viaggio in Cina, è che i Mosuo non praticano il matrimonio ma hanno quelli che vengono chiamati “walking marriages”, ovvero “matrimoni itineranti”, basati sulla reciproca libertà di scelta nel vivere l’unione senza alcun vincolo poiché la cura e l’educazione dei figli spettano solo ed esclusivamente alla donna e alla sua famiglia materna.